Studi archeologici, mappe di cultura antiquaria, ricostruzioni di un architetto che ha potuto curare l’Anfiteatro Flavio di Roma per quasi trent’anni, rimarcano percorsi dello spazio tempo della storia, documenti veicolati come causa-effetto della rete di Roma Mediterranea dai quali deriva la visione della Polis rigenerata come capitale di “patria”, disegno di una rete antica da riportare a galla e da rileggere nella città futura coi suoi relitti archeologici, cultura per un’Altera Historia in grado di restituire valori di concretezza e senso etico.
Tale narrazione soggettiva propone riflessioni sulle ragioni dei caposaldi primari sparsi sul territorio metropolitano e regionale che un tempo il pensiero saldava con metodo alla topografia, un ordine di storie di scambi circolari in grado sempre di unificare soggettività, comunità ed insediamenti, sinergici disegni congegnati con artificio per luoghi naturali, strategie agevolate dai doni degli “esuli” del mondo Mediterraneo, bisogni attrezzati dietro ad interessi precisi, passaggi obbligati per stabilire i confini di terra e di mare legati a Rumi, la Roma Quadrata fondata nell’VIII sec. a.C. presso il guado del Tevere, sul colle Palatino (La fondazione di Roma raccontata da Carandini, A.Carandini 2018).
Una Rumi di “acciaio”, forza del topos Streniae evoca il disegno della Polis congegnata con sapienza tale da far convivere territori diversi per affidarli alla figura di Polia, la divina cultura che battagliando per la conquista dell’amore di conoscenza riscatta ogni giustizia frantumata (Hypnerotomachia Polihili, F.Colonnna, 1499),la “patria” atta ad accogliere popolazioni locali ed “esuli” come gli esploratori Micenei, i consumati naviganti dell’Egeo approdati a Pithicusa (Ischia) e poi a Gabi (paideia Greca) per tessere traguardi in sintonia con la rete in terra e con le stelle mutanti in cielo (Il mulino di Amleto, G.D.Santillana 1983).
Quel paesaggio selvaggio celebrato a Roma col ricordo dei 27 misteriosi caposaldi dei Sacraria Argivorum asseconda infatti la rete naturalistico geografica del tempo quando le funzioni territoriali si strutturavano in rete attraverso le postazioni topografiche primarie relazionate al traguardo naturale dell’E–W in base al quale fissare il S–N strategico di ogni luogo da colonizzare: semplici triangolazioni per circolarità da selezionare avrebbero trasformato in comunità salutistica la Città–Stato predestinata al ruolo di Regione-Mondo.
Si trattava a quel tempo di assecondare le risorse topologico ambientali e celebrare tramite quelle tipologiche lo spazio tempo di ogni ciclo stagionale educando l’’homo sapiens all’uso di tecniche strumentali per rapportarsi correttamente ai moti del cielo, modellazioni in equilibrio per gestire la sopravvivenza di un pianificare integrato subordinato a leggi ambientali e bisogni, a categorie valoriali e simboliche da intraprendere in libertà per poter affrontare ogni avventurosa e nuova convivenza (Odyssea, N.Kazanztakis, 1937).
Costumi Micenei all’apparenza diversi da quelli praticati dai popoli Tirrenici avrebbero così contribuito ad aggiornare il modello di pianificazione territoriale Etrusco adottato come Doppia Ascia Minoica, il codice strumentale primitivo per misurare l’isola Cretese poi aggiornato con la Groma per fondare nel Latium la Roma Mediterranea al centro del Tirreno. La colonizzazione topografica della più antica Saturnia Tellus si sarebbe maturata col mistero dei culti di Demetra e con Armonia, la figlia di Marte e di Venere, approdate entrambe nella terra dei Buoi Italia accompagnate dal vasto sguardo di Eu-ropi, la bella Europa ripartita da Creta dopo il rapimento di Zeus_Toro Bianco (Europa sotto i monti Asterousia, P.Meogrossi, 2020).
Del resto la rotta della dea Europa, migrante dall’Anatolia per colonizzare l’intero bacino Mediterraneo, si accompagnava con l’angelo Poithos, il mitico messaggero del DNA umano che con i due cerchi tenuti nelle mani proteggeva le duplici forme dell’estetica e dell’ambiente insegnando a far colloquiare le genti in armonia con la venustas ed utilitas assieme, firmitas di un ordine etico tecnicamente funzionale alle forme della biodiversità, valori gromatico metafisici per una storia diversa grazie i quali interpretare le resilienze del paesaggio su cui lasciare testimonianze di quel lungo viaggio coloniale.
Il mito della Grande Madre Europa riproposto dall’Atena Polias Micenea approdata nel Latium si doveva incontrare con l’Astarte Etrusco-Fenicia per assecondare scambi tra terra e cielo e connotare mediante invisibili sentieri un vasto e più e meno salubre paesaggio compreso tra mare, monti, fiumi, colline, pianure. Traguardare le direzioni dell’Est verso l’Ovest una volta fissata la linea del Nord Etrusco tra isola Bizentina di Bolsena e Pyrgi, tra Praeneste e Terracina e poi ancora tra mons Soracte, e Lavinium, avrebbe tessuto trame sicure della rete geografica assunta come storia permanente delle circolarità praticate nell’ambiente orografico lungo il Tevere e tra Bracciano-Colli Albani-Cori e soprattutto lungo il preciso traguardo che univa Pyrgi a Praeneste, campo strategico per storicizzare la Roma aperta a tutte le genti (Fig.1).
Il territorio settentrionale e meridionale del mondo Etrusco tagliato nel mezzo dal guado Tiberino si sarebbe così evoluto per misurare gli spazi ed il tempo di una geografia orientata e calendarizzata dal nuovo ordine gromatico-metafisico che riunificava in terra popoli dispersi grazie l’Axis Palilae dedicato al cielo di Pales la dea della fondazione di Roma (Azimuth di 70° 24” Nord). Il registro dei moti planetari allineati e visibili in cielo, associato alla misura della Forma Urbis Romae (F.U.R.), conferma infatti la mappa unitariamente intesa che ancora oggi lega luoghi tra loro distanti, parti di una circolarità topografica in subordine al fenomeno astronomico osservato su Roma il 21 Aprile 753 a.C.(Il disegno e le marginalità centrali della memoria topografica. P.Meogrossi 1987).
Ecco allora che rispunta dalle memorie classiche la logica abduttiva dell’apagoghè Aristotelica dimenticata, in altri termini la pratica investigativa alla Sherlock Holmes (Il Segno dei tre, a cura di U. Eco, 1983) che sottende il pensiero per l’azione unitariamente intesa, volontà di rappresentare tramite segni differenti fisicità sostanziali da rapportare al medesimo ordine simbolico. Quel modulo celeste concepito come indicatore culturale e pragmatico in grado di connettere in terra le relazioni tra centro e periferie avrebbe consentito alla mente di interpretare le qualità di un paesaggio selvaggio rimettendo in comunicazione le circolarità degli insediamenti narrati dalla storia antiquaria e supportati da quella archeologica.
L’identità nascosta dell’urbs condita (condere = nascondere) rappresentata dalla declinazione del piano dell’eclittica associato in terra con l’allineamento di tutti i pianeti, risulta dunque vera e propria lancia di luce sotto forma di Axis che taglia in due il colle quadrangolare del Palatino rendendo oggettivamente riconoscibile il disegno geometrico della Roma Quadrata. Una semplice e doppia triangolazione fissata tra terra e cielo connota infatti quel recinto archeologico il cui tracciamento topografico regolamenta lo spaziotempo dei topoi della mappa della Forma Urbis in cui sono condensate le stratificazioni tra passato, presente e futuro (I sentieri per il disegno di Roma, P. Meogrossi, 2019).
Tali letture che implicano il riconoscimento della F.U.R. come sequenza di narrazioni identitarie tra terra e cielo condivise nella rete territoriale coi disegni archeologici di una topografia da riscoprire, assicurano la sopravvivenza di Roma proprio come si raccontava nella mappa del doppio scudo calato dal cielo in terra al momento della fondazione (Fasti III, 351, Ovidio). Quel mitopoietico Axis Mundi ex Ancile Lunae atque Solis resta forma del doppio registro strategico che struttura e fissa le centralità sociali di una Roma nata per proteggere l’ordine geografico memorizzato in tanti altri siti archeologici del Mediterraneo come racconta lo scudo doppio del palazzo di Knossos a Creta (Il sogno di Roma a Lentas, P.Meogrossi, 2010) (Fig.2).
Il disegno di una Agro Polis Romana rappresenta dunque le tante Fomae da far risorgere così come la mitica Araba Fenice rinasceva dalle proprie ceneri per lanciare il messaggio rigenerativo condensato nel mitico uovo cosmico, forma e funzione di circolarità vitali rappresentate peraltro nel disegno del Coliseum in Specie Ovi ricordato da Cassio Dione non a caso rimasto dominio di una croce sovrastante su tutta Roma rimarcata dall’incrocio tra il Cardo primario selezionato in cielo e combinato a 90° in terra col modulo pragmatico del Decumanus, modulo di riferimento questo per riproporre ogni rinascita territoriale a partire da quelle istruite lungo la Via Lata (Latum = unità di misura).
Tale tracciato assume dunque il ruolo di guida base per rileggere i tanti topoi archeologici sparsi tra i frammenti di una F.U.R. certificata dalla misura in diagonale della mappa marmorea di età Severiana che testimonia ed estende le misure della rete urbana a quella sub-urbana, valori tipologici e topologico ambientali unificati proprio dall’ Axis Paliliae che un tempo metteva in equilibrio i territori distribuiti tra il Tevere e l’Aniene. I traguardi di un territorio difficile da riconoscere in mezzo al degrado della contemporaneità distopica strutturano dunque siffatta Altera Historia che risulta però rileggibile attraverso l’esercizio degli scambi materiali, pratiche ed interscambi di una economia circolare che via via riemerge dai dati dalle stratificazioni archeologiche (Fig.3).
Il quadro frammentario ma unitariamente inteso della F.U.R. Severiana ripropone pertanto i valori gromatico metafisici della rete territoriale similmente a quella visionaria condensata nell’opera di Piranesi che rimarca la prima pianta scientifica del Campo Marzio e di Roma (G.B.Nolli 1748) sopra cui aleggia la duplice misurazione del Nord terrestre ed astronomico che rilega, per la prima volta nella cartografia moderna, le misure di terra e di cielo. Siffatto disegno composto per parti con la topografia antiquaria rilegge il tempo della F.U.R. unitaria che, testimoniata l’univocità del tessuto urbano, finisce per legarsi a tanti altri posizionamenti di cardi e decumani nascosti in mezzo alle spazialità del campo eterotopico (Le Eterotopie, i corpi Utopici, Michel Foucault 2004).
Le narrazioni delle diverse Formae invisibili dei recinti edilizi e territoriali all’apparenza irriconoscibili, rimarcano le coordinate della matrice a croce urbana sovrastante ancora oggi il centro del colle Palatino, caposaldo delle stratificazioni guidate dalla geometria ottagonale del labirinto Flaviorum a cui va assegnato ruolo primario dell’intera rete topografica, bussola di una Polis attrezzata per le scelte orografiche, morfologiche e logistiche che configurano il modello simbolico e pragmatico della renovatio urbis Augusti unitariamente intesa mediante triangolazioni speciali e caposaldi essenziali come quel ta ana tricapita della Via Appia (Cecilia Metella) connesso alla lontana Villa Hadriani.
Quell’antico modo di concepire l’oikos-nomos territoriale deve allora coinvolgere i governanti, i cittadini, gli imprenditori, i viaggiatori, i migranti, oggigiorno tutti esuli nei territori da loro stessi occupati o frequentati, per essere educati alle regole che riordinano la casa eterotopica a la maniera de li antichi, stimoli che agevolando gli scambi circolari dell’azione antropica tra centro e periferie tengono ben fermo il piede che deve attraversare il disegno della rete. Come conseguenza ai cives va riconosciuto il diritto di proprietà dei dati digitali grazie cui attualizzare i percorsi della partecipazione e cogliere i bisogni rispettosi delle biodiversità comprese le contraddizioni delle trasformazioni subìte da Roma negli ultimi 150 anni durante i quali la politica non si è mai veramente accorta di quelle Formae.
I ragionamenti del dentro e fuori della politica Romana impongono perciò attenzione a Mente&Territorio assieme, duplice ordine di parti resilienti da trasformare mediante triangolazioni topografiche un tempo contestualizzate da Formae territoriali un tempo omogenee ma che oggi mentono a chi ci vive in mezzo per mancanza del ruolo identitario mal attribuito alla rete che invece mentre accoglie cose diverse ricuce e storicizza le differenze.
Così anche le sostanze immateriali indispensabili alle narrazioni diventano materiali da perseguire per chi nel rispettare la memoria di Roma vuole restituire equilibri formativi alla tutela come alla valorizzazione, valori aggiunti per soluzioni integrate che nel rimettere ordine a Mente&Territorio affrontano anche la rete delle diseguaglianze per rendere sostenibile la sopravvivenza (Geografia, F.Farinelli 2002).
Ai cives ed ai visitors ancor prima che ai politici è richiesta tanta curiosità ed un sommario bagaglio scientifico sufficienti però a ridiscutere sull’identità di appartenenza ad un territorio la cui disciplina urbanistica dovrebbe servire a rendere compatibile l’ambiente per ricostruire le fasi della convivenza grazie i traguardi del paesaggio Romano supportato dall’Axis Urbis. La conseguente trasformazione socio-antropologica per dare sostegno ai progetti di resilienza condivisibili in rete apre a confronti tecnici ed umanistici capaci di elaborare modellazioni di certo migliori di quelle dell’impresa neo liberista Star Link di Elon Musk, i cui satelliti artificiali dominando la terra col 5G spesso indirizzano a bisogni dannosi se vissuti solo attraverso gli algoritmi muti e sordi ai bi_sogni.
La visione che innova Roma deve poter assecondare invece le narrazioni della territorializzazione antica e perseguire scelte culturalmente mirate e diffuse da scaglionare su realtà glocali (non globali!), un place based insomma di partecipazioni empatiche indispensabili ad educare persone ed istituzioni alla pratica del bene comune (Quel mondo diverso, F.Barca, E.Giovannini, 2020). I confronti da promuovere per le nuove governabilità vanno perciò condivisi tra azionariato popolare ed amministrazioni attente agli equilibri gestionali dell’intero territorio ma non coi servizi oligopolistici della smart city oggigiorno proposti dai domini del G.A.F.A.M. (Google, Amazon, Facebook, Apple, Microsoft) (Ripensare la smart city F.Bria-E.Morozov 2018).
Le politiche culturali consapevoli e responsabili di tali nuovi dialoghi che riattivano reti neuronali e geografiche della rete Romano Laziale devono pertanto amplificare le maglie tessute dalla F.U.R all’origine ed intercettare le risorse archeologiche sparse e disperse allo scopo di riformare la progettualità di ogni restauro urbanistico, resilienza dello zoning da rigenerare grazie gli indicatori culturali suggeriti dagli stessi cittadini impegnati a restituire funzioni utili per affrontare e superare le tante diseguaglianze, potenziali sviluppi per lavorare con lo smart-working allo scopo di far rinascere la rete territoriale antica integrata anche come visione digitale identitaria da rafforzare e rendere sostenibile con nuova legge speciale per Roma.
Il vasto campo offerto dal disegno della F.U.R. chiama dunque cittadini, investitori ed istituzioni a dare risposte politiche utili a rigenerare le funzioni di tessuti urbani oggi resi distopici, cose materiali e connessioni precise per progettualità vitali, reali e virtuali percorsi dentro e fuori una Roma da resettare per poter abbattere le distanze fisiche e ripartire dalle riletture critiche della storia (Tutte le strade partono da Roma, F. Rutelli 2020). Ecco allora che i valori omogenei di una F.U.R. all’apparenza immaginifica si trasformano in bussola e timone per guidare le cose che si trasformano le une nelle altre secondo necessità, una economia circolare insomma che nell’assecondare le differenze territoriali si rende giustizia secondo l’ordine del tempo umano come ricordava Anassimandro già nel IV sec. a.C.
Le metamorfosi delle cose che attraversano lo spazio ed il tempo della luce di Roma così come le tante ombre associate al nihil humani a me alienum puto celebrato da Terenzio e ricordato da Karl Marx riaccendono i fuochi per intelligere le spazialità temporali della F.U.R filtro delle trasformazioni al momento di restaurare il centro come le periferie accomunati dalla medesima visione culturale, ruolo unitario da rivendicare per Roma Capitale d’Italia svuotata della sua identità già dal 1871 quando i profitti della rendita urbana e le pratiche del consumo insensato dei suoli avevano perseguito urbanistiche inadeguate fino alla legge obsoleta del 1942, alle norme impraticabili del PRG del 2008, a letture difficili da condividere col PTPR del 2019.
Del resto lo sviluppo di Roma Capitale d’Italia auspicato fuori dal centro storico dal famoso barone Haussman e dallo storico Mommsen interrogati da Quintino Stella, aveva perseguito da allora strade sconsiderate dentro e soprattutto fuori le mura senza nemmeno immaginare la potenza d’”acciaio” offerta dal segno identitario dell’Axis Urbis Paliliae che ancora attraversa ed unifica il vasto territorio che struttura la rete antica come memoria di una topografia non appieno storicizzata perché invisibile ma che in quanto autostrada virtuale apre pragmaticamente alla via democratica le diverse Formae Romae a cui va riconsegnato il bene collettivo di Patria per poterlo condividere nel mondo.
Azioni e fasi da rapportare ad una economia circolare intra ed extra moenia costituiscono perciò la visione partecipata dell’Altera Historia Romae registro da trasmettere alle future generazioni per formare le digital humanities di una Scuola chiamata a ricostruire Salute, Ambiente, Digitale con le pratiche delle cose esistenti, formule sostenibili purchè attente ai bisogni della gente mediati dalle riforme del programma Neo Antico socialmente condiviso, un welfare economicamente produttivo e culturalmente aperto al capitale umano anche grazie gli associazionismi non condizionati da investors incapaci e da una governance pubblica e privata desiderosa di rifondare la convivenza in rete.
Le enormi risorse offerte dalla rete assecondano perciò gli scambi in rete mentre viene validata la topografia della Forma antica grazie cui poter delineare programmi culturalmente ed economicamente compatibili anche coi 128.000 ha dell’Agro Romano che interferiscono con la vita dei cittadini nei XV Municipi Romani. Il piano salutistico strutturato come visione dell’AgroPolisRoma si adegua perciò ai bisogni concreti del territorio tramite speciali impianti Hub funzionali da ricomporre in base ai caposaldi archeologici, testimoni delle circolarità e delle triangolazioni da imbastire in accordo con la topografia dell’origine, antichi intrecci socio territoriali per le future convivenze produttive tra città e campagna (Urbanistica di Roma, P.M.Lugli 1998).
Anche lo smart-working derivabile da tali monitoraggi assembla il quadro dei valori aggiunti per la nuova Roma Quadrata Metropolitana e Regionale alimentata dai confronti con l’Altera Forma Urbis riaccordata mediante Soft Power da gestire sul territorio anche coi Data Base dell’archeologia (SITAR), per ripensare dunque al ruolo catalizzatore dei siti archeologici attorno cui si rifonda il sistema ambientale dei tessuti edilizi sparsi disordinatamente tra parchi e gentrifications, progettualità quantiche partecipate coi pieni ed i vuoti del centro (Parco Celio) come nelle periferie (Parco Ad duas lauros), esempi e volumi di una Polis e di un Agro che investiga tra passato, presente, futuro.
Le circolarità per far rivivere Centro e Periferie informati della rete Forma Urbis vanno rimesse dunque in moto con la Banda Larga Unificata dell’AgroPolis che indirizza e supporta i cittadini consuma-attori ad integrare le risorse da rendere condivisibili con gli imprenditori ed i turisti, trasformazioni antropologiche di un mercato del Terzo Settore Romano post-pandemico da rilanciare, cultura identitaria ed unitaria da sperimentare con un Grand Tour che approda e riparte dalla Roma Caput Mundi Mediterranea per un turismo differente da quello fino a ieri praticato unicamente lungo le strade della Roma barocca di Sisto V. Siffatto labirinto antropologico sociale rimanda infine ai valori di una topografia antica che, sottovalutata dalle scelte dei politici in genere più favorevoli agli interessi liberistici piuttosto che al bene comune, è causa della mancata visione territoriale da associare al valore di quell’ego cives Romanus sum in base al quale ogni cittadino, se stimolato all’appartenenza civica , seleziona il proprio benessere ed attiva interessi responsabili per le risorse identitarie da condividere che restituita la passione democratica ai cives accomuna i visitors all’azione collettiva che fa rinascere Roma come Caput Italiae et Mundi.
D’altro canto per intendere la funzione unitaria del significato di “patria” come quello degli “esuli“ via via approdati nello spazio tempo della Roma Coloniale enigmaticamente citata da Pasolini e dagli esperti delle politiche per Roma (Roma come se…, W.Tocci, 2020), dobbiamo porre diversa attenzione alle tesi scientiste e soprattutto a quelle scientifiche dell’archeologia e dell’urbanistica, tesi da riscrivere con la storia di villaggi e periferie, memoria dei pagi dispersi nel territorio moderno le cui narrazioni alimentano l’impegno di una sana politica a riconoscere l’oikos come sinergia territoriale da restituire a tutta Roma ed all’Italia, Patria alimentata dalle nuove funzioni lungo l’Axis.Paliliae.
Per spiegare a tutti il bisogno di tale comunicazione simbolica e pragmatica indispensabile alla convivenza e futura gestione di Roma le dimensioni quantiche dell’archeologia disperse nella F.U.R. chiamano a raccolta il destino delle antiche connessioni per imbastire, almeno idealmente a scala nazionale ed internazionale, una Torre di Babele Roma da dedicare alla Comunicazione Culturale della F.U.R. che, rinata con il Sogno di Roma (Fig.4), rigenera attitudini collettive grazie l’identità archeologica, favorisce scambi interrelazioni e matura produttività grazie gli indicatori umanistici dischiusi, cause ed effetti per la trasformazione di Roma Neo Antica (Vie di luce alla riscoperta del piano di Sisto V, P.Meogrossi 1998).
E’ questo l’obiettivo culturale che rende giustizia alle politiche dello spazio tempo della F.U.R. Romana ed annuncia a “tutta la Terra” il diritto-dovere di dire la verità con franchezza per innovare, restaurare, ricostruire, diffondere i bisogni tra centro e periferie ed abbattere le tante disuguaglianze post-pandemiche di Roma. E’ questa la Parresìa della Mente&Territorio rappresentata dalla rete F.U.R. che guarda indietro ed avanti alla storia gloriosa di Roma mediante mappe essenziali e narrazioni contemporanee, azioni circolari destinate a saldare il presente col passato disperso, per fortuna mai del tutto perso, una Roma diversa che ci aiuta a vedere il futuro che non è più il futuro di prima (Helgoland, C.Rovelli 2020).